Sul quotidiano Il T Quotidiano Paolo Ghezzi, già direttore dell’Adige, dedica un ampio articolo a Oltre la linea, Ghezzi sottolinea come Pardini riesca a dare voce tanto alla grande storia quanto alle emozioni private, offrendo al lettore un viaggio che lega passato e presente.
Di Paolo Ghezzi
Taratartà. Pum. Pum. Tararatarata. La voce metallica della mitragliatrice canta regolare e spietata come una macchina di morte in una catena di montaggio di una vecchia fabbrica metallurgica. Con questo incipit di chiara ispirazione futurista, Paolo Pardini (detto Pard dagli amici, per le sue indubbie doti di esploratore della realtà) ci spara dentro il Trentino di un secolo fa.
Pard ci ha preso gusto: secondo romanzo, ambientato nella Prima guerra mondiale, ma anche nel terribile divampare del Covid dell’altro ieri. Oltre la linea il titolo (lo stesso di un celebre saggio Jünger-Heidegger). Edizioni del Faro. Lo si presenta domani alle 18, alla libreria Ancora di Trento.
L’autore, talentuoso telegiornalista di ascendenze etrusche e di lunga esperienza fiorentina e milanese, lo confessa: arrivò in Trentino per fare il caporedattore della Rai e si stupì di vedere una bandiera dai colori austriaci e un’aquila di inconfondibile silhouette asburgica sui palazzi del potere provinciale. Quella che per lui, come per quasi tutti gli italiani sotto Borghetto, era la Grande Guerra di liberazione delle città irredente di Trento e Trieste, quassù ha una memoria un po’ più contrastata e complicata.
Lo si legge quotidianamente anche sul gruppo Facebook “Trento Strana”: sono ancora numerosi, a Trento, 107 anni dopo la fine della guerra e dell’Impero, gli austriacanti, i nostalgici, gli anti-battistiani e gli antipatizzanti l’Italia (l’“Itaglia!”, scriveva per dileggio scherzoso il mitico Ettore Petta, corrispondente da Vienna del «Corriere», di radici siciliane ma di Liceo Prati tridentino).
Insomma, l’italiano e ormai trentino d’adozione (con piccolo attico all’ombra della Torre della Tromba, nel cuore di Tridentum), Pardini, dopo un primo romanzo (Ombre russe) di avvincente tensione sulla frontiera est d’Europa, ex Unione Sovietica, torna a raccontare una guerra più antica, in un altro ex Impero, la cara vecchia Austria-Ungheria.
Trattasi anche di una storia d’amore, tra una nonna ragazza e un soldatino italiano sperduto sul fronte, con tanto di lettere appassionate, album dei ricordi, sorprese nella genealogia familiare. La storia ti prende, e anche se taluna delle 384 pagine si sarebbe potuta sfrondare, tiene fino alla fine, grazie a uno scrittore che sa dosare ossessioni, colpi di scena, suspense, mistero, e sa toccare le corde del cuore.
Il capitolo che dà voce al trentino austriacante è forse troppo lungo, ma nel Pardini narratore, che rimane cronista, rimane un’intenzione didascalica, educativa: agli italiani vuol spiegare, il Pard, che il Trentino è terra davvero speciale, non facile da comprendere e inscatolare.
Romanzo dunque ma anche libro di storia, Oltre la linea si fa leggere anche perché Pardini ti avvince in un plot autobiografico di un paziente, l’alter ego Francesco, sulla linea tra vita e morte per un grosso problema di cuore nel pieno del buio tunnel della pandemia.
Che nella sua avventura trentina l’io narrante incontri due ebrei, un cardiochirurgo e un gestore di agritur, con i quali discetta di Dio, destino e dintorni, suona affascinante e incongruo, ma invece è realtà che supera la fantasia, e contribuisce al ritratto di un uomo in crisi che, grazie a un’indagine sul passato familiare, riesce anche a sopportare le disavventure del suo presente personale.
Giornalista, Paolo Pardini ha pescato in memorie di famiglia frammenti di storia dei suoi veri nonni e le ha mescolate in una trama di intelligente fantasia storica e di afflato esistenziale.
Dicono i bene informati che Pardini abbia già in canna i proiettili di un terzo libro, stavolta ambientato nella Seconda guerra mondiale, e intrecciato con le vicende vere del padre pisano. Non vediamo l’ora di leggere anche l’opera terza, prima che scoppi la terza guerra mondiale.