Recensione del libro Una parola negli occhi di Marco Forni su Libri e Recensioni.com

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Un romanzo complesso, dalla struttura estremamente moderna, in cui si intrecciano vicende apparentemente scollegate, ma in realtà unite da un unico tema: la lingua. Una lingua ricercata, inseguita, una parola scovata, scavata, semplice, complessa, polisemantica. Una ricerca linguistica fine, una parola strutturata e destrutturata, una ricerca insistita, la lingua come salvezza, come guida alle incomprensioni del quotidiano, una lingua salvifica all'interno di una società persa nei mille rivoli della psicopatologia del quotidiano. Una lingua che si fa materia, ricordo, rievocazione all'interno di un libro ricco, complesso, assai originale. Tutto ruota attorno ad una setta che rapisce bambini appena nati, e questi vengono rinchiusi senza poter scambiare una parola. Lo scopo sarebbe quello di trovare la lingua prima quella primigenia, una lingua uguale per tutti. Mattia perde i suoi genitori in tenera età. Viene affidato alla sezione speciale della Casa lingue di Paropoli. Dietro quelle mura i neonati orfani devono costruire un loro codice di comunicazione in solitudine, senza subire interferenze esterne. Mattia inizia a comporre un alfabeto con gli stuzzicadenti. In un libro si parla di un lago che custodisce i resti di un antico cimitero delle lingue perdute e di un rinoceronte di montagna che può essere visto solo dagli occhi di un bambino. Dietro a tutto c'è l'antica confraternita degli scarificatori, da sempre alla ricerca della lingua perfetta. Dopo alcuni anni Mattia viene adottato dai Parloni che hanno un'avviata impresa di pompe funebri. Inizia a balbettare a quattordici anni, in seguito al sequestro della persona alla quale tiene di più, da parte degli affiliati della confraternita. Quando la ritrovano, dentro quel corpo martoriato e violato lei sembra non esserci più, se non nel ricordo dei suoi occhi. Non parla e Mattia non trova le parole per riavvicinarsi a lei. Le parole servono anche a dire quanto possono essere superflue e fuori luogo. Tilde Kunz, una compaesana di Mattia, invece, ama dar fiato alla lingua e ha la fisima della pulizia e dell'ordine. Detesta però quegli oggetti rilegati catturapolvere impilati in una libreria. Lei ha una sua convinzione: "Su un foglio bianco uno non deve necessariamente spalmarci parole a non finire. Ci si potrebbe anche accontentare di un origami che, a ben guardare, è un'opera d'arte a costo zero e non ingombra". "Mattia, il balbuziente, è un caso disperato. Si vanta di essere un operatore ecologico, eppure continua a riempire il posto dove sta con cianfrusaglie a non finire". Il pavimento e i muri sono tappezzati con fogli di giornale datati. Dal soffitto pendono centinaia di lattine. Dentro quei barattoli ci infila ritagli di giornale, dopo aver cerchiato le parole che non riesce più a usare. Un giorno bussa alla porta di Mattia una studentessa che sta preparando una ricerca sullo smaltimento dei rifiuti. Quel volto sembra lo stesso che aveva conosciuto anni fa nella casa dei suoi genitori adottivi. Negli occhi di Mattia riaffiora la parola attesa così a lungo. Una parola che in tanti potranno continuare a leggere sul volto di un bambino, ciascuno nella propria lingua e senza bisogno di scriverla. Un giallo esoterico, pieno di intrighi, che vede al centro un gruppo di adepti della dea Iside, la depositaria di una lingua unica, che ponga fine alle babele delle lingue. Attraverso riferimenti letterari, filosofici, storici, l'autore immagina cosa sarebbe il mondo se si perdesse la polilalia e se una setta di fanatici "scarificatori" volesse ritornare al recupero di una lingua unica, che non esiste, quella depositata nel tempio della dea Iside. Un Viaggio di immaginazione estrema condotta con una dovizia di particolari da brivido e un uso sapiente della lingua. L'autore è di fatto un lessicografo e crea un romanzo pasoliniano che ha al centro la ricerca del linguaggio in un intreccio che sa tanto dei testi di Umberto Eco semiologo. Saranno Mattia e Mantea a risolvere l'enigma e a sottoporsi a prove terribili con l'aiuto dell'adulto Parloni, un'anima inquieta ma comunque votata al bene, in una lotta estrema tra il Male e il Bene, facendo trionfare quest'ultimo tra indescrivibili difficoltà. Alla fine riusciranno a ritrovare il senso della vita attraverso il linguaggio, usciranno feriti profondamente, ma finalmente adulti e separati per sempre. Un libro che affascina chiunque sia appassionato della parola: della testa e dell'anima perché il libro, al di là della complessità della trama, è un funambolismo di parole ardite e di callidae iuncturae. Un'eco di parole che può anche riavvicinarci all'uso profondo della parola, a volte così bistrattata, da condividere con gli altri. Giovanna Albi   Un romanzo complesso, dalla struttura estremamente moderna, in cui si intrecciano vicende apparentemente scollegate, ma in realtà unite da un unico tema: la lingua. Una lingua ricercata, inseguita, una parola scovata, scavata, semplice, complessa, polisemantica. Una ricerca linguistica fine, una parola strutturata e destrutturata, una ricerca insistita, la lingua come salvezza, come guida alle incomprensioni del quotidiano, una lingua salvifica all'interno di una società persa nei mille rivoli della psicopatologia del quotidiano. Una lingua che si fa materia, ricordo, rievocazione all'interno di un libro ricco, complesso, assai originale. Tutto ruota attorno ad una setta che rapisce bambini appena nati, e questi vengono rinchiusi senza poter scambiare una parola. Lo scopo sarebbe quello di trovare la lingua prima quella primigenia, una lingua uguale per tutti. Mattia perde i suoi genitori in tenera età. Viene affidato alla sezione speciale della Casa lingue di Paropoli. Dietro quelle mura i neonati orfani devono costruire un loro codice di comunicazione in solitudine, senza subire interferenze esterne. Mattia inizia a comporre un alfabeto con gli stuzzicadenti. In un libro si parla di un lago che custodisce i resti di un antico cimitero delle lingue perdute e di un rinoceronte di montagna che può essere visto solo dagli occhi di un bambino. Dietro a tutto c'è l'antica confraternita degli scarificatori, da sempre alla ricerca della lingua perfetta. Dopo alcuni anni Mattia viene adottato dai Parloni che hanno un'avviata impresa di pompe funebri. Inizia a balbettare a quattordici anni, in seguito al sequestro della persona alla quale tiene di più, da parte degli affiliati della confraternita. Quando la ritrovano, dentro quel corpo martoriato e violato lei sembra non esserci più, se non nel ricordo dei suoi occhi. Non parla e Mattia non trova le parole per riavvicinarsi a lei. Le parole servono anche a dire quanto possono essere superflue e fuori luogo. Tilde Kunz, una compaesana di Mattia, invece, ama dar fiato alla lingua e ha la fisima della pulizia e dell'ordine. Detesta però quegli oggetti rilegati catturapolvere impilati in una libreria. Lei ha una sua convinzione: "Su un foglio bianco uno non deve necessariamente spalmarci parole a non finire. Ci si potrebbe anche accontentare di un origami che, a ben guardare, è un'opera d'arte a costo zero e non ingombra". "Mattia, il balbuziente, è un caso disperato. Si vanta di essere un operatore ecologico, eppure continua a riempire il posto dove sta con cianfrusaglie a non finire". Il pavimento e i muri sono tappezzati con fogli di giornale datati. Dal soffitto pendono centinaia di lattine. Dentro quei barattoli ci infila ritagli di giornale, dopo aver cerchiato le parole che non riesce più a usare. Un giorno bussa alla porta di Mattia una studentessa che sta preparando una ricerca sullo smaltimento dei rifiuti. Quel volto sembra lo stesso che aveva conosciuto anni fa nella casa dei suoi genitori adottivi. Negli occhi di Mattia riaffiora la parola attesa così a lungo. Una parola che in tanti potranno continuare a leggere sul volto di un bambino, ciascuno nella propria lingua e senza bisogno di scriverla. Un giallo esoterico, pieno di intrighi, che vede al centro un gruppo di adepti della dea Iside, la depositaria di una lingua unica, che ponga fine alle babele delle lingue. Attraverso riferimenti letterari, filosofici, storici, l'autore immagina cosa sarebbe il mondo se si perdesse la polilalia e se una setta di fanatici "scarificatori" volesse ritornare al recupero di una lingua unica, che non esiste, quella depositata nel tempio della dea Iside. Un Viaggio di immaginazione estrema condotta con una dovizia di particolari da brivido e un uso sapiente della lingua. L'autore è di fatto un lessicografo e crea un romanzo pasoliniano che ha al centro la ricerca del linguaggio in un intreccio che sa tanto dei testi di Umberto Eco semiologo. Saranno Mattia e Mantea a risolvere l'enigma e a sottoporsi a prove terribili con l'aiuto dell'adulto Parloni, un'anima inquieta ma comunque votata al bene, in una lotta estrema tra il Male e il Bene, facendo trionfare quest'ultimo tra indescrivibili difficoltà. Alla fine riusciranno a ritrovare il senso della vita attraverso il linguaggio, usciranno feriti profondamente, ma finalmente adulti e separati per sempre. Un libro che affascina chiunque sia appassionato della parola: della testa e dell'anima perché il libro, al di là della complessità della trama, è un funambolismo di parole ardite e di callidae iuncturae. Un'eco di parole che può anche riavvicinarci all'uso profondo della parola, a volte così bistrattata, da condividere con gli altri. (Giovanna Albi) - See more at: http://www.librierecensioni.com/libri3/una-parola-negli-occhi-marco-forni.html#sthash.1D0tv2tg.dpuf Un romanzo complesso, dalla struttura estremamente moderna, in cui si intrecciano vicende apparentemente scollegate, ma in realtà unite da un unico tema: la lingua. Una lingua ricercata, inseguita, una parola scovata, scavata, semplice, complessa, polisemantica. Una ricerca linguistica fine, una parola strutturata e destrutturata, una ricerca insistita, la lingua come salvezza, come guida alle incomprensioni del quotidiano, una lingua salvifica all'interno di una società persa nei mille rivoli della psicopatologia del quotidiano. Una lingua che si fa materia, ricordo, rievocazione all'interno di un libro ricco, complesso, assai originale. Tutto ruota attorno ad una setta che rapisce bambini appena nati, e questi vengono rinchiusi senza poter scambiare una parola. Lo scopo sarebbe quello di trovare la lingua prima quella primigenia, una lingua uguale per tutti. Mattia perde i suoi genitori in tenera età. Viene affidato alla sezione speciale della Casa lingue di Paropoli. Dietro quelle mura i neonati orfani devono costruire un loro codice di comunicazione in solitudine, senza subire interferenze esterne. Mattia inizia a comporre un alfabeto con gli stuzzicadenti. In un libro si parla di un lago che custodisce i resti di un antico cimitero delle lingue perdute e di un rinoceronte di montagna che può essere visto solo dagli occhi di un bambino. Dietro a tutto c'è l'antica confraternita degli scarificatori, da sempre alla ricerca della lingua perfetta. Dopo alcuni anni Mattia viene adottato dai Parloni che hanno un'avviata impresa di pompe funebri. Inizia a balbettare a quattordici anni, in seguito al sequestro della persona alla quale tiene di più, da parte degli affiliati della confraternita. Quando la ritrovano, dentro quel corpo martoriato e violato lei sembra non esserci più, se non nel ricordo dei suoi occhi. Non parla e Mattia non trova le parole per riavvicinarsi a lei. Le parole servono anche a dire quanto possono essere superflue e fuori luogo. Tilde Kunz, una compaesana di Mattia, invece, ama dar fiato alla lingua e ha la fisima della pulizia e dell'ordine. Detesta però quegli oggetti rilegati catturapolvere impilati in una libreria. Lei ha una sua convinzione: "Su un foglio bianco uno non deve necessariamente spalmarci parole a non finire. Ci si potrebbe anche accontentare di un origami che, a ben guardare, è un'opera d'arte a costo zero e non ingombra". "Mattia, il balbuziente, è un caso disperato. Si vanta di essere un operatore ecologico, eppure continua a riempire il posto dove sta con cianfrusaglie a non finire". Il pavimento e i muri sono tappezzati con fogli di giornale datati. Dal soffitto pendono centinaia di lattine. Dentro quei barattoli ci infila ritagli di giornale, dopo aver cerchiato le parole che non riesce più a usare. Un giorno bussa alla porta di Mattia una studentessa che sta preparando una ricerca sullo smaltimento dei rifiuti. Quel volto sembra lo stesso che aveva conosciuto anni fa nella casa dei suoi genitori adottivi. Negli occhi di Mattia riaffiora la parola attesa così a lungo. Una parola che in tanti potranno continuare a leggere sul volto di un bambino, ciascuno nella propria lingua e senza bisogno di scriverla. Un giallo esoterico, pieno di intrighi, che vede al centro un gruppo di adepti della dea Iside, la depositaria di una lingua unica, che ponga fine alle babele delle lingue. Attraverso riferimenti letterari, filosofici, storici, l'autore immagina cosa sarebbe il mondo se si perdesse la polilalia e se una setta di fanatici "scarificatori" volesse ritornare al recupero di una lingua unica, che non esiste, quella depositata nel tempio della dea Iside. Un Viaggio di immaginazione estrema condotta con una dovizia di particolari da brivido e un uso sapiente della lingua. L'autore è di fatto un lessicografo e crea un romanzo pasoliniano che ha al centro la ricerca del linguaggio in un intreccio che sa tanto dei testi di Umberto Eco semiologo. Saranno Mattia e Mantea a risolvere l'enigma e a sottoporsi a prove terribili con l'aiuto dell'adulto Parloni, un'anima inquieta ma comunque votata al bene, in una lotta estrema tra il Male e il Bene, facendo trionfare quest'ultimo tra indescrivibili difficoltà. Alla fine riusciranno a ritrovare il senso della vita attraverso il linguaggio, usciranno feriti profondamente, ma finalmente adulti e separati per sempre. Un libro che affascina chiunque sia appassionato della parola: della testa e dell'anima perché il libro, al di là della complessità della trama, è un funambolismo di parole ardite e di callidae iuncturae. Un'eco di parole che può anche riavvicinarci all'uso profondo della parola, a volte così bistrattata, da condividere con gli altri. (Giovanna Albi) - See more at: http://www.librierecensioni.com/libri3/una-parola-negli-occhi-marco-forni.html#sthash.1D0tv2tg.dpuf Un romanzo complesso, dalla struttura estremamente moderna, in cui si intrecciano vicende apparentemente scollegate, ma in realtà unite da un unico tema: la lingua. Una lingua ricercata, inseguita, una parola scovata, scavata, semplice, complessa, polisemantica. Una ricerca linguistica fine, una parola strutturata e destrutturata, una ricerca insistita, la lingua come salvezza, come guida alle incomprensioni del quotidiano, una lingua salvifica all'interno di una società persa nei mille rivoli della psicopatologia del quotidiano. Una lingua che si fa materia, ricordo, rievocazione all'interno di un libro ricco, complesso, assai originale. Tutto ruota attorno ad una setta che rapisce bambini appena nati, e questi vengono rinchiusi senza poter scambiare una parola. Lo scopo sarebbe quello di trovare la lingua prima quella primigenia, una lingua uguale per tutti. Mattia perde i suoi genitori in tenera età. Viene affidato alla sezione speciale della Casa lingue di Paropoli. Dietro quelle mura i neonati orfani devono costruire un loro codice di comunicazione in solitudine, senza subire interferenze esterne. Mattia inizia a comporre un alfabeto con gli stuzzicadenti. In un libro si parla di un lago che custodisce i resti di un antico cimitero delle lingue perdute e di un rinoceronte di montagna che può essere visto solo dagli occhi di un bambino. Dietro a tutto c'è l'antica confraternita degli scarificatori, da sempre alla ricerca della lingua perfetta. Dopo alcuni anni Mattia viene adottato dai Parloni che hanno un'avviata impresa di pompe funebri. Inizia a balbettare a quattordici anni, in seguito al sequestro della persona alla quale tiene di più, da parte degli affiliati della confraternita. Quando la ritrovano, dentro quel corpo martoriato e violato lei sembra non esserci più, se non nel ricordo dei suoi occhi. Non parla e Mattia non trova le parole per riavvicinarsi a lei. Le parole servono anche a dire quanto possono essere superflue e fuori luogo. Tilde Kunz, una compaesana di Mattia, invece, ama dar fiato alla lingua e ha la fisima della pulizia e dell'ordine. Detesta però quegli oggetti rilegati catturapolvere impilati in una libreria. Lei ha una sua convinzione: "Su un foglio bianco uno non deve necessariamente spalmarci parole a non finire. Ci si potrebbe anche accontentare di un origami che, a ben guardare, è un'opera d'arte a costo zero e non ingombra". "Mattia, il balbuziente, è un caso disperato. Si vanta di essere un operatore ecologico, eppure continua a riempire il posto dove sta con cianfrusaglie a non finire". Il pavimento e i muri sono tappezzati con fogli di giornale datati. Dal soffitto pendono centinaia di lattine. Dentro quei barattoli ci infila ritagli di giornale, dopo aver cerchiato le parole che non riesce più a usare. Un giorno bussa alla porta di Mattia una studentessa che sta preparando una ricerca sullo smaltimento dei rifiuti. Quel volto sembra lo stesso che aveva conosciuto anni fa nella casa dei suoi genitori adottivi. Negli occhi di Mattia riaffiora la parola attesa così a lungo. Una parola che in tanti potranno continuare a leggere sul volto di un bambino, ciascuno nella propria lingua e senza bisogno di scriverla. Un giallo esoterico, pieno di intrighi, che vede al centro un gruppo di adepti della dea Iside, la depositaria di una lingua unica, che ponga fine alle babele delle lingue. Attraverso riferimenti letterari, filosofici, storici, l'autore immagina cosa sarebbe il mondo se si perdesse la polilalia e se una setta di fanatici "scarificatori" volesse ritornare al recupero di una lingua unica, che non esiste, quella depositata nel tempio della dea Iside. Un Viaggio di immaginazione estrema condotta con una dovizia di particolari da brivido e un uso sapiente della lingua. L'autore è di fatto un lessicografo e crea un romanzo pasoliniano che ha al centro la ricerca del linguaggio in un intreccio che sa tanto dei testi di Umberto Eco semiologo. Saranno Mattia e Mantea a risolvere l'enigma e a sottoporsi a prove terribili con l'aiuto dell'adulto Parloni, un'anima inquieta ma comunque votata al bene, in una lotta estrema tra il Male e il Bene, facendo trionfare quest'ultimo tra indescrivibili difficoltà. Alla fine riusciranno a ritrovare il senso della vita attraverso il linguaggio, usciranno feriti profondamente, ma finalmente adulti e separati per sempre. Un libro che affascina chiunque sia appassionato della parola: della testa e dell'anima perché il libro, al di là della complessità della trama, è un funambolismo di parole ardite e di callidae iuncturae. Un'eco di parole che può anche riavvicinarci all'uso profondo della parola, a volte così bistrattata, da condividere con gli altri. (Giovanna Albi) - See more at: http://www.librierecensioni.com/libri3/una-parola-negli-occhi-marco-forni.html#sthash.1D0tv2tg.dpuf Un romanzo complesso, dalla struttura estremamente moderna, in cui si intrecciano vicende apparentemente scollegate, ma in realtà unite da un unico tema: la lingua. Una lingua ricercata, inseguita, una parola scovata, scavata, semplice, complessa, polisemantica. Una ricerca linguistica fine, una parola strutturata e destrutturata, una ricerca insistita, la lingua come salvezza, come guida alle incomprensioni del quotidiano, una lingua salvifica all'interno di una società persa nei mille rivoli della psicopatologia del quotidiano. Una lingua che si fa materia, ricordo, rievocazione all'interno di un libro ricco, complesso, assai originale. Tutto ruota attorno ad una setta che rapisce bambini appena nati, e questi vengono rinchiusi senza poter scambiare una parola. Lo scopo sarebbe quello di trovare la lingua prima quella primigenia, una lingua uguale per tutti. Mattia perde i suoi genitori in tenera età. Viene affidato alla sezione speciale della Casa lingue di Paropoli. Dietro quelle mura i neonati orfani devono costruire un loro codice di comunicazione in solitudine, senza subire interferenze esterne. Mattia inizia a comporre un alfabeto con gli stuzzicadenti. In un libro si parla di un lago che custodisce i resti di un antico cimitero delle lingue perdute e di un rinoceronte di montagna che può essere visto solo dagli occhi di un bambino. Dietro a tutto c'è l'antica confraternita degli scarificatori, da sempre alla ricerca della lingua perfetta. Dopo alcuni anni Mattia viene adottato dai Parloni che hanno un'avviata impresa di pompe funebri. Inizia a balbettare a quattordici anni, in seguito al sequestro della persona alla quale tiene di più, da parte degli affiliati della confraternita. Quando la ritrovano, dentro quel corpo martoriato e violato lei sembra non esserci più, se non nel ricordo dei suoi occhi. Non parla e Mattia non trova le parole per riavvicinarsi a lei. Le parole servono anche a dire quanto possono essere superflue e fuori luogo. Tilde Kunz, una compaesana di Mattia, invece, ama dar fiato alla lingua e ha la fisima della pulizia e dell'ordine. Detesta però quegli oggetti rilegati catturapolvere impilati in una libreria. Lei ha una sua convinzione: "Su un foglio bianco uno non deve necessariamente spalmarci parole a non finire. Ci si potrebbe anche accontentare di un origami che, a ben guardare, è un'opera d'arte a costo zero e non ingombra". "Mattia, il balbuziente, è un caso disperato. Si vanta di essere un operatore ecologico, eppure continua a riempire il posto dove sta con cianfrusaglie a non finire". Il pavimento e i muri sono tappezzati con fogli di giornale datati. Dal soffitto pendono centinaia di lattine. Dentro quei barattoli ci infila ritagli di giornale, dopo aver cerchiato le parole che non riesce più a usare. Un giorno bussa alla porta di Mattia una studentessa che sta preparando una ricerca sullo smaltimento dei rifiuti. Quel volto sembra lo stesso che aveva conosciuto anni fa nella casa dei suoi genitori adottivi. Negli occhi di Mattia riaffiora la parola attesa così a lungo. Una parola che in tanti potranno continuare a leggere sul volto di un bambino, ciascuno nella propria lingua e senza bisogno di scriverla. Un giallo esoterico, pieno di intrighi, che vede al centro un gruppo di adepti della dea Iside, la depositaria di una lingua unica, che ponga fine alle babele delle lingue. Attraverso riferimenti letterari, filosofici, storici, l'autore immagina cosa sarebbe il mondo se si perdesse la polilalia e se una setta di fanatici "scarificatori" volesse ritornare al recupero di una lingua unica, che non esiste, quella depositata nel tempio della dea Iside. Un Viaggio di immaginazione estrema condotta con una dovizia di particolari da brivido e un uso sapiente della lingua. L'autore è di fatto un lessicografo e crea un romanzo pasoliniano che ha al centro la ricerca del linguaggio in un intreccio che sa tanto dei testi di Umberto Eco semiologo. Saranno Mattia e Mantea a risolvere l'enigma e a sottoporsi a prove terribili con l'aiuto dell'adulto Parloni, un'anima inquieta ma comunque votata al bene, in una lotta estrema tra il Male e il Bene, facendo trionfare quest'ultimo tra indescrivibili difficoltà. Alla fine riusciranno a ritrovare il senso della vita attraverso il linguaggio, usciranno feriti profondamente, ma finalmente adulti e separati per sempre. Un libro che affascina chiunque sia appassionato della parola: della testa e dell'anima perché il libro, al di là della complessità della trama, è un funambolismo di parole ardite e di callidae iuncturae. Un'eco di parole che può anche riavvicinarci all'uso profondo della parola, a volte così bistrattata, da condividere con gli altri. (Giovanna Albi) - See more at: http://www.librierecensioni.com/libri3/una-parola-negli-occhi-marco-forni.html#sthash.1D0tv2tg.dpuf
Quando
Dal 31 Lug. 2013
al 25 Mar. 2024

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