Pensieri e confutazioni sulla pratica del karatedo
Quando si parla di karate occorre sempre tenere presente che nello scorrere degli anni ha perso l’assolutismo rivolto all’essenza della lotta e ha acquisito altri aspetti come: forma di ginnastica, meditazione e gioco-sport. Tuttavia, l’affinità e l’esteriorità ingannano a volte anche i più esperti praticanti che si lasciano ammaliare “dal canto delle sirene” e dal luccichio delle medaglie che troppo spesso fanno scordare e perdere di vista l’origine e il messaggio ancestrale che ci arriva dalle arti marziali. Il karate ammette l’estetica e lo studio del bello, questo però stride con la nozione “del combattere” che invece prevede la privazione di qualunque orpello che ne muti il risultato: il vero “colpo mortale” nasce dall’intuizione e dall’essenza di pensiero-forma che non deve imprigionare e farsi catturare dall’attenzione e dalla fisicità del gesto: il fluire reale è soggettivo e non può essere giudicato da altri e neppure valutato con dei punteggi.
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