Michele Michelino

Michele Michelino, nato a Casalpusterlengo (LO) nel 1949, è stato operaio nel reparto cavi della ditta Pirelli S.p.A. di Milano (1966-1974), poi nel reparto forgia della ditta Breda Fucine S.p.A. di Sesto San Giovanni (MI) (1976-1997) e dal 1997 al 2007 è stato operaio nel settore manutenzione (elettricista) del Comune di Milano. Presidente del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, è stato fondatore del Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” di Sesto San Giovanni.

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RICORDO DEI COMPAGNI CHE CI HANNO LASCIATO

RICORDO DEI COMPAGNI CHE CI HANNO LASCIATO

Anche in tempo di pandemia si continua a morire per amianto e per il profitto. Nel 2020 c’e stato un record di morti sul lavoro per malattie professionali, in molti casi morti dovute alla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro causate della pandemia che ha colpito molti lavoratori di fabbriche, logistiche, ospedali e personale sanitario. Durante il 2020 sono morti per malattie d’amianto anche altri 4 lavoratori, fra i 64 anni e i 71, del nostro Comitato. Tre erano ex lavoratori della BredaTermomeccanica/Ansaldo morti per tumore polmonare e mesotelioma della pleura, il quarto lavorava in un’altra fabbrica come saldatore. I loro nomi sono Felice Dotti, Giancarlo Perego, Gianni Zanta, Bruno Villa (nelle foto). Dietro i morti ci sono famiglie, sofferenze, vite e affetti spezzati che lasciano un vuoto incolmabile in chi gli voleva bene. In quest’anno che sta per finire e in quello che sta per cominciare, ricordiamo i nostri compagni rinnovando il nostro impegno per continuare la loro lotta per la giustizia, per la sicurezza sul lavoro, nel territorio e nei luoghi di vita, contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Anche durante il coronavirus si continua a morire per altre malattie nell'assoluta indifferenza delle autorità sanitarie e politiche, che hanno trasformato gli ospedali in reparti Covid sospendendo visite e terapie per altre patologie, comprese le chemio, a migliaia di cittadini bisognosi di cure.

Ogni anno nel nostro paese per infortuni sul lavoro e in itinere muoiono più di 1400 lavoratori, altre decine di migliaia per malattie professionali, solo per amianto più di 5.000 lavoratori e cittadini, eppure questa strage sembra non interessare le autorità.

In Italia ogni anno si ammalano di cancro circa 370.000 persone e ne muoiono quasi 500 il giorno. Altre 120 mila persone sono colpite da infarto. Di queste, circa 25 mila muoiono prima di arrivare in ospedale, mentre altre decine di migliaia muoiono a causa dell’inquinamento ma i dati non sono resi noti per non spaventare la popolazione. Nella società del profitto, del dio denaro, per chi comanda è più importante della vita di decine di migliaia di persone.

Vogliamo ricordare insieme ai nostri compagni assassinati dal lavoro, tutte le vittime del profitto, lavorative e ambientali, con la lettera che i compagni di lavoro di Felice Dotti hanno letto alla sua commemorazione che vale per tutti.

“C’è una parola per chiamare Felice (nella foto), una parola che amava, a cui rispondeva sorridendo: compagno.

Significa “Colui che ha il pane in comune”, con altri.

Ha lavorato per vivere, lontano da casa, ma il lavoro non è stato lo scopo della sua vita.

Perché, ha lottato contro lo sfruttamento degli uomini e delle donne al lavoro, per difendere la propria salute, per affermare che nessun capitale vale quanto la vita e la dignità di una persona che lavora.

Voleva che gli uomini e le donne che lavorano prendessero la vita nelle proprie mani, che fossero compagni, solidali tra loro e padroni della propria esistenza.

All’Ansaldo ha partecipato alla costituzione del Comitato contro il Nucleare, in una fabbrica che costruiva centrali nucleari;

alle lotte per la difesa della salute, e contro l’inquinamento, dentro e fuori la fabbrica;

alla costituzione di un gruppo operaio, e di un sindacato di base, lo SLAI-Cobas.

E, quando le cose finivano, anche con una sconfitta, ricominciava da quello che sapeva fare meglio: con pazienza, ostinazione e un po’ di ironia. Perché amava ridere in compagnia.

La sua vita e’ stato il pane diviso con i suoi simili, anche noi.

Ne siamo orgogliosi e ti siamo riconoscenti, ciao, compagno Felice”.

 

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

Inserita 3 anni fa