Giuseppe Casella

Sono nato mentre gli uomini tentavano di raggiungere la Luna, e questo mi è rimasto dentro, in una forma di stimolo a cercare, a trovare. Cosa, non sono sicuro di averlo capito, ma so di essere stato trovato, e sicuramente salvato, da mia moglie.
Da sempre amo i libri, non saprei nemmeno dire  a che età ho iniziato a leggerli. Di sicuro li ho avuti tra le mani prima di conoscere l’alfabeto, e già allora era scoppiato questo mio grande amore. Ricordo distintamente un giorno in cui, in una libreria del centro di Torino, feci una domanda a mio padre: "Ma c'è qualcuno che li ha letti proprio tutti?"
Ero molto piccolo, allora e intorno a me c'erano letteralmente migliaia di libri e, giuro, la mia sete era genuina. Gli occhi non potevano staccarsi da tutti quei titoli, da quei dorsetti colorati. Avete presente l'odore della carta stampata di fresco, oppure quella dei polverosi volumi ingialliti? Avrei voluto divorarli. E' sempre la stessa febbre, ogni volta che vedo un libro. Qualunque esso sia, non importa quasi l’argomento, se mi ha colpito anche solo il colore della copertina devo leggerlo. Nella lettura seguo il mio vorace e istintivo desiderio di sperimentare.
Lo stesso che ha penalizzato e arricchito la mia vita di praticante di arti marziali, avendo voluto provarne molte non ho potuto dedicare il tempo necessario ad ognuna di esse. Ma le ho amate tutte.
Lo stesso gusto mi ha portato a tentare di scrivere, e scrivere sempre in modi diversi. Migliaia di pagine abbozzate hanno disseminato i miei anni più giovani, da alcune di esse il mio primo libro.
Lavoro ormai da più di trent'anni nel mondo dell’informatica. Ho visto e usato le schede perforate, partecipando e vivendo la veloce evoluzione di questo strano mondo.
A decidermi sul passo di passare da solo lettore ad autore è stato mio figlio, pur senza saperlo. Alcuni anni fa, in una libreria della cittadina dove vivo ora con la mia famiglia, è stato proprio lui a riproporre la medesima domanda che feci io, più o meno alla sua età.
E così ho capito: il segreto è la memoria.
Avrei voluto potergli riferire la risposta che mi diede suo nonno, mio padre, così come egli la diede a me. Ma l’ho persa. L’ho persa negli anni che sono trascorsi da allora.
E così ho capito che dovevo mettere mano alla penna, per fissare i sentimenti e i pensieri.
Per lui, per la sua meravigliosa sorellina, per mia moglie.
E forse anche per te.


giuseppe_casella@yahoo.com

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Le pagine che non ho scritto – L'asino e il maiale

Questo è proprio il genere di raccontini brevi che il nonno Silvestro inizia quasi all’improvviso, gli basta uno spunto qualunque, un piccolo accenno ed ecco iniziare una nuova storia. Non sorprendetevi se forse l’avrete già sentita, in nonno non ha mai preteso di essere l’autore delle sue favole; lui ha solo una dote incredibile che consiste nel ricordare anche quelle ascoltate da bambino e, soprattutto, di raccontarle. È un narratore nato che sa come attrarre il suo pubblico.


C’erano un asino e un maiale che condividevano la stessa stalla. Certo ci saranno stati anche altri animali come polli, galline, cani e conigli nella piccola fattoria, ma loro non ci interessano.
Il maiale era un tipo piuttosto arrogante.
Con la sua aria di superiorità salutava ogni mattina l’asino che mestamente si avviava alle sue incombenze. Poteva trattarsi di qualsiasi cosa: un trasporto d’acqua o di semenze, l’aratura di un piccolo appezzamento o semplicemente il trasporto del padrone, magari verso un vicino villaggio.
Ma il punto era un altro, almeno per il maiale.
Evidentemente mentre l’asino era costretto ad uscire (con qualsiasi tempo) dal comodo riparo per avviarsi verso lavori spesso gravosi, lui poteva rimanere comodamente al calduccio, dormendo magari fino a tardi per poi mangiare a sazietà tutto il ben di Dio che gli portavano.

E per l’asino un po’ di paglia e qualche carrube.

Certamente la propria vita, agli occhi del maiale, appariva estremamente vantaggiosa rispetto a quella del “lavoratore”.
Per questo insisteva a rimarcarlo ad ogni occasione.
“Stai già uscendo? Ma è presto… e poi piove! Io resto ancora qui al caduccio per un po’. Buona giornata.”
L’asino incassava e usciva sotto la pioggia.
“Come è andata? Oggi ha fatto caldo, c’era un sole terribile! Pensa che io ho dovuto spostarmi all’ombra, mangiucchiando qualcosina ogni tanto…”
L’asino, sfiancato dal duro lavoro svolto sotto un sole cocente, incassava e si accasciava esausto sul suo letto di paglia.
“Cosa mangi di buono oggi? Sempre paglia? Io vario spesso la dieta… Si sa, i maiali sono onnivori. Ecco perché il padrone mi porta sempre tante cose buone e sempre diverse…”
L’asino incassava e mordicchiava un pochino di carrube stantio.

Finché un giorno l’asino non ne potè più e sbottò: “Sai una cosa? Più ti guardo e meno assomigli al maiale che c’era l’anno scorso. E nemmeno a quello dell’anno prima. O a quello dell’anno prima ancora, se per questo…”

Inserita 3 anni fa